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“Un futuro invadente, fossi stato un po’ più giovane…” – Analisi di In time di Andrew Niccol

1997: in  Gattaca di  Andrew Niccol, Ethan Hawke interpreta un ragazzo che – in un futuro nel quale il “sistema” offre chances solo agli adatti, cioè ad esemplari umani perfetti frutto di manipolazioni genetiche – cerca di arrivare lontano solo con le sue forze. 2011: lo stesso regista neozelandese – noto anche per aver firmato la sceneggiatura di The Truman show – gioca di nuovo con In time (2011) la carta della fantascienza come medium per veicolare significative riflessioni sul destino dell’individuo e sul rischio di profonde ingiustizie in ipotetiche società del futuro caratterizzate dal sopravvento della scienza e della tecnica sui valori umani.


Justin Timberlake, protagonista del film, ha un display incorporato nell’avambraccio destro (contaminazione tra carne umana e macchina degna della visionarietà cronemberghiana) che segna il conto alla rovescia del tempo che gli resta da vivere. Ma non è un mostro; tutti, nel suo mondo, sono così. Tutti hanno l’aspetto piacevole e fresco di chi ha venticinque anni, ma il punto è: quanto a lungo resteranno in vita? Poco i poveri, che devono stare ben attenti a far quadrare il bilancio tra le magre entrate e le sempre crescenti uscite: il loro duro lavoro viene retribuito, male, in ore e minuti da vivere; e cibo, affitto e tutto ciò che è necessario ad un’esistenza spartana è ugualmente pagato con la rinuncia a frazioni comunque preziose di tempo da vivere. Una spesa imprevista o un mancato guadagno possono letteralmente costare la vita. (1)

Ma Will Salas (questo è il nome dell’eroe della storia) ha la tempra nel ribelle e, avventuratosi nel mondo dei ricchi (che si godono la vita come sempre hanno fatto, con in più la prospettiva di poter vivere parecchi decenni o anche molto di più senza rischiare le sofferenze e le umiliazioni che spesso la vecchiaia comporta), troverà nell’affascinante Sylvia ( Amanda Seyfried ), figlia di uno dei magnati che tengono in mano le leve del potere, un’inaspettata alleata nella sua lotta per un mondo più giusto. (2)

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Il film, per quanto possa sembrare strano, a giudicare da questa sommaria sintesi, offre più di una opportunità di collegamento in campo letterario. Innanzi tutto è da citare Seneca, con le sue frequenti riflessioni sul valore del tempo, cui i più non dedicano alcuna attenzione, sprecandolo in mille modi senza riflettere che in realtà esso, venendo a coincidere con la vita stessa, è l’unico bene che ci appartiene veramente e che, una volta perduto, non può essere reintegrato.
Riportiamo solo due frammenti, tra i molti che si potrebbero citare (la traduzione è in nota).
Tamquam semper victuri vivitis, numquam vobis fragilitas vestra succurrit, non observatis quantum iam temporis transierit; velut ex pleno et abundanti perditis, cum interim fortasse ille ipse qui alicui vel homini vel rei donatur dies ultimus sit.” (De brevitate vitae, lll, 4). (3)
Omnes horas complectere; sic fiet ut minus ex crastino pendeas, si hodierno manum inieceris. Dum differtur vita transcurrit. Omnia,Lucili, aliena sunt, tempus tantum nostrum est; in huius rei unius fugacis ac lubricae possessionem natura nos misit, ex qua expellit quicumque vult.
Et tanta stultitia mortalium est ut quae minima et vilissima sunt, certe reparabilia, imputari sibi cum impetravere patiantur, nemo se iudicet quicquam debere qui tempus accepit, cum interim hoc unum est quod ne gratus quidem potest reddere.” (Epistulae morales ad Lucilium, l, 2-3). (4)
Nel film di Niccol, ambientato in un futuro distopico abbastanza canonico (siamo di fronte a una variante della consueta società orwelliana da incubo, oppressiva e illiberale, in cui in cui il Potere si serve della tecnologia per schiacciare le masse), notiamo da un lato un’estremizzazione dell’idea che il tempo abbia un valore; anzi, potremmo dire che il tempo è il valore assoluto e che tutti siano – né sapremmo dar loro torto – ossessionati dal suo inesorabile scorrere. Dall’altro lato, si nota una profondissima diversità rispetto alla realtà descritta da Seneca (che è poi ovviamente anche la nostra): mentre il filosofo stoico fa notare che possiamo rifarci del denaro speso ma non del tempo che ci scivola tra le dita, in In time il tempo da vivere diventa esso stesso valuta di scambio: può essere utilizzato per comprare articoli di prima necessità o beni di lusso, può essere vinto o perso al gioco, e si può tranquillamente arrivare ad uccidere pur di impossessarsene. Ciò naturalmente è conseguenza della componente fantascientifica del racconto.
Le vicissitudini del protagonista di In time cominciano nel momento in cui un privilegiato dei quartieri alti, deciso a suicidarsi, gli regala il suo cospicuo patrimonio di tempo, rivelandogli nel contempo un terribile segreto: ci sarebbe tempo per tutti, ma il Potere tiene gli abitanti dei ghetti in un perenne stato di indigenza (di tempo, ovviamente), per evitare i rischi di sovrappopolamento. Questa parola ci porta a chiamare in causa uno dei più importanti romanzi italiani (nonché europei) di inizio Novecento, La coscienza di Zeno di Italo Svevo. (5)

Italo-Svevo

Nel celebre brano finale, il narratore autodiegetico (Zeno stesso) si abbandona ad un’apocalittica visione del futuro dell’umanità. Il brano ha inizio proprio con una riflessione riguardo il fatto che sul pianeta Terra verrà a mancare lo spazio vitale per ogni singolo uomo. Questo non perché si sarà sconfitto il gene dell’invecchiamento (e dunque la morte), ma comunque in conseguenza del progresso tecnico-scientifico, che ha già posto l’uomo al di fuori della spietata (ma giusta, secondo Zeno) legge della selezione naturale, che consente solo la sopravvivenza di specie ed esemplari particolarmente forti ed adatti al contesto in cui devono vivere. (6) Nella visione catastrofica del protagonista sveviano, l’equilibrio sarà ristabilito non dai crudeli provvedimenti di una classe di privilegiati, ma dalla follia dell’intero genere umano, un cui rappresentante, più pazzo ancora dei suoi simili, farà esplodere un ordigno dalla terrificante forza distruttiva. In questo modo “la Terra, ritornata alla forma di nebulosa, errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie”. Un’immagine distopica concentrata in poche righe, ma persino più radicale e definitiva di quella di tanti film (7); ma anche un monito fortissimo per noi oggi; ed è con questo invito alla riflessione, e naturalmente con la speranza che chi non abbia visto In time voglia farlo quanto prima, che chiudo quest’articolo. Non prima, però, di aver colto l’occasione per dedicarlo al webmaster Enrico, perché senza di lui il blog non esisterebbe affatto.

NOTE
(1) Inutile dire che, al di là delle componenti fantascientifiche, una situazione del genere assume un valore fortemente evocativo agli occhi di chi è consapevole delle gravi conseguenze che la crisi, che da anni attanaglia il sistema economico globale, ha provocato e continua a provocare nelle vite di un gran numero di persone.
(2) La figura dell’ereditiera bella e viziata che, da vittima di un sequestro, si trasforma in combattente per una causa anticapitalistica ricorda in modo impressionante quella della famosa Patty Hearst (discendente di una potente casata di editori americani), rapita nel 1974 dall’Esercito di Liberazione Simbionese (bizzarro gruppo terroristico dell’epoca) e divenuta poi complice dei suoi sequestratori in una serie di rapine e azioni dimostrative. Nel film, Sylvia Weis assalta con Will delle banche, nelle quali il bottino (da redistribuire poi ai poveri), naturalmente, è tempo da vivere.

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(3) “Voi uomini vivete come se la vita dovesse durare per sempre, non pensate mai al fatto che dovete morire, e non fate caso a quanto del tempo a vostra disposizione sia già trascorso. Attingete alla vostra riserva di tempo come se essa fosse sempre integra, mentre invece la giornata che state per dedicare a qualche faccenda o a un vostro simile è forse l’ultima.”
(4) “Fai in modo che sia completamente tua ogni singola ora; dipenderai meno dal domani, se affronterai con decisione la giornata che stai vivendo. La vita ci sfugge di mano nel momento stesso in cui rimandiamo le questioni davvero importanti. Caro Lucilio, tutto quello che crediamo ci appartenga è in realtà d’altri, solo il tempo che abbiamo da vivere è nostro; la Natura ci ha reso possessori di quest’unico bene, che però corre veloce e può sfuggirci, e chiunque vuole ce ne può privare. Ma la follia dei mortali è tale che accettano di essere considerati debitori di beni trascurabili e di scarso valore – qualora ne abbiano ricevuti – mentre nessuno considera prezioso il tempo che ha ricevuto, anche se questo è l’unico tesoro che neppure chi lo sa valutare davvero può restituire.”
(5) «La vita attuale è inquinata alle radici. L’uomo s’è messo al posto degli alberi e delle bestie ed ha inquinata l’aria, ha impedito il libero spazio. Può avvenire di peggio. Il triste e attivo animale potrebbe scoprire e mettere al proprio servizio delle altre forze. V’è una minaccia di questo genere in aria. Ne seguirà una grande ricchezza… nel numero degli uomini. Ogni metro quadrato sarà occupato da un uomo. Chi ci guarirà dalla mancanza di aria e di spazio? Solamente al pensarci soffoco! Ma non è questo, non è questo soltanto. Qualunque sforzo di darci la salute è vano. Questa non può appartenere che alla bestia che conosce un solo progresso, quello del proprio organismo. Allorché la rondinella comprese che per essa non c’era altra possibile vita fuori dell’emigrazione, essa ingrossò il muscolo che muove le sue ali e che divenne la parte più considerevole del suo organismo. La talpa s’interrò e tutto il suo corpo si conformò al suo bisogno. Il cavallo s’ingrandì e trasformò il suo piede. Di alcuni animali non sappiamo il progresso, ma ci sarà stato e non avrà mai leso la loro salute. Ma l’occhialuto uomo, invece, inventa gli ordigni fuori del suo corpo e se c’è stata salute e nobiltà in chi li inventò, quasi sempre manca in chi li usa. Gli ordigni si comperano, si vendono e si rubano e l’uomo diventa sempre più furbo e più debole. Anzi si capisce che la sua furbizia cresce in proporzione della sua debolezza. I primi suoi ordigni parevano prolungazioni del suo braccio e non potevano essere efficaci che per la forza dello stesso, ma, oramai, l’ordigno non ha più alcuna relazione con l’arto. Ed è l’ordigno che crea la malattia con l’abbandono della legge che fu su tutta la terra la creatrice. La legge del più forte sparì e perdemmo la selezione salutare. Altro che psico-analisi ci vorrebbe: sotto la legge del possessore del maggior numero di ordigni prospereranno malattie e ammalati. Forse traverso una catastrofe inaudita prodotta dagli ordigni ritorneremo alla salute. Quando i gas velenosi non basteranno più, un uomo fatto come gli altri, nel segreto di una stanza di questo mondo, inventerà un esplosivo incomparabile, in confronto al quale gli esplosivi esistenti saranno considerati come innocui giocattoli. Ed un altro uomo fatto anche lui come tutti gli altri, ma degli altri un po’ più ammalato, ruberà tale esplosivo e s’arrampicherà al centro della terra per porlo nel punto ove il suo effetto potrà essere il massimo. Ci sarà un’esplosione enorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie.»
(6) Non a caso il ricchissimo Philippe Weis, in una conversazione con Will, cita Darwin, nei confronti del quale ha un’ammirazione sconfinata, per sostenere che quanto accade in questo mondo futuribile non è altro che la selezione dei più degni di vivere.
(7) A dire il vero, in Matrix, il celebre film dei fratelli Wachowski del 1999, l’agente Smith, interpretato da Hugo Weaving, espone sbrigativamente una teoria secondo cui l’uomo rappresenta per il pianeta, una malattia potenzialmente letale che le macchine intelligenti create dall’uomo stesso – dalle quali lo spietato poliziotto prende ordini – si sono incaricate di curare in modo radicale.

agentsmith

Voto personale

7 su 10

 

7 pensieri su ““Un futuro invadente, fossi stato un po’ più giovane…” – Analisi di In time di Andrew Niccol

  1. cargo

    Interessanti, specie a livello didattico, le intersezioni letterarie. Niccol, come dice Morandini, è un regista da seguire, anche se Gattaca aveva un fascino maggiore, una malinconia che in In time lascia spazio a codifiche di genere più convenzionali.

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  2. Lorena

    Innanzitutto mi unisco ai ringraziamenti finali per il blogmaster Enrico, che permette l’esistenza di questo splendido blog ricchissimo di spunti e provocazioni intellettuali mai scontate. Molto interessante, tra tutte, la riflessione sull’elemento catastrofista in Svevo.

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  3. fabio Gallina

    Caro Massimo,
    veramente un bell’ articolo che ancora una volta dimostra le tue competenze di “comparatista” capace di far dialogare tra loro arti e artisti solo apparentemente diversi e inconciliabili.
    Ho molto apprezzato il riferimento alla concezione senecana del tempo come unica ricchezza di cui l’ uomo può disporre e utilizzare per tentare di raggiungere la felicità………..sempre che impari a gestirlo e a non disperderlo rincorrendo vani ed effimeri oggetti del desiderio.
    Ciao

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  4. Anna De Lauretis

    Interessante. Non ho visto il film ma me ne aveva parlato Martina. I tuoi collegamenti sono sempre interessanti e sorprendenti. Trovo tutte le riflessioni che riguardano il tempo appassionanti. Il fatto che sia contemporaneamente un’esperienza profondamente soggettiva e una grandezza fisica misurabile , le riflessioni filosofiche di Sant’Agostino e le scoperte di Einstein ……Dove finisce il tempo trascorso? Quando ha avuto origine il tempo? sarà mai possibile spostarsi nel tempo come nello spazio? Anche questo un tema assai caro alla fantascienza….

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  5. pasquale guerra

    Caro Massimo,
    grazie per questa e per le altre segnalazioni. Ottimi “pezzi”, interessanti articoli. Non ho visto il film ma il lavoro che presenti racchiude una serie di segmenti di rara finezza.

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  6. mari

    Non ho visto il film, ma la lettura dell’articolo mi ha fatto tornare subito in mente un racconto di Bob Shaw, “Primo e unico giorno di scuola”. La storia non è tutta concentrata sul tema del tempo, ma fa risaltare gli squilibri, in ambito affettivo, cognitivo, relazionale, etico, sociale, ecc., provocati dall’evoluzione della scienza e dalla fede cieca nel progresso. Il bambino che abbia un elevato QI ed appartenga ad una famiglia agiata, con una manipolazione della corteccia cerebrale, può in due sole ore apprendere ciò che gli altri, meno dotati e meno ricchi, apprendono anno dopo anno, in un normale percorso scolastico.

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  7. salvatore mazzitelli

    Caro Massimo,
    ho visto il film ed ora,avendo letto il tuo articolo su di esso,lo apprezzo maggiormente,direi con più consapevolezza.Le tue riflessioni e quelle di Anna De Lauretis sul tempo mi portano immediatamente ad Einstein e non solo pur consapevole di allontanarmi dallo stretto contesto del film vorrei aggiungere brevemente queste considerazioni.
    Per Einstein non si può parlare di “simultaneità” temporale in senso assoluto per eventi che accadono in punti distanti e lo spazio ed il tempo sono legati in modo indissolubile.Il celebre “paradosso dei gemelli” evidenzia che per il gemello che viaggia il tempo “scorre” più lentamente rispetto a quello che resta fermo.Al limite,per il gemello che viaggiasse alla velocità della luce (impossibile per un oggetto massivo) il tempo si fermerebbe. Inoltre, in questo palcoscenico fisico, la forza di gravità ha l’effetto di “curvare”,quindi di modificare, lo spazio-tempo.
    Secondo Julian Barbour (“La fine del tempo”- Einaudi)” se non accadesse nulla,se nulla cambiasse,il tempo si fermerebbe. Perchè il tempo non è altro che cambiamento,ed è appunto il cambiamento ciò che noi percepiamo,non il tempo. Di fatto il tempo non esiste”.
    Secondo Claudia Cardinale ( Intervista a “Il fatto quotidiano” del 1/11/13) “…non rimpiango nulla. Il tempo passa e non si può fermare. Meglio non sprecarlo”.
    Io sono d’accordo, ma a volte è bello abbandonarsi alla pigrizia. Metti se avesse ragione Barbour.

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