laschivatafoto1

Recitare Marivaux nella banlieu

Posti non facili, le banlieus delle grandi città francesi. Ne sanno qualcosa coloro che hanno visto il film L’odio, firmato nel 1995 da Mathieu Kassovitz. Povertà, degrado, convivenza forzata tra etnie diverse che faticano a comprendersi possono formare una miscela esplosiva cui a volte basta una piccola scintilla per far scaturire un incendio pericolosissimo.

Eppure, anche in simili periferie, divorate dal cemento e dalla diffidenza reciproca, possono sbocciare la poesia, l’amore, e persino la passione per il teatro.

È quanto avviene in un altro film un po’ più recente (2003), La schivata, opera di un regista ormai prestigioso, il franco tunisino Abdellatif Kechiche, reduce dalla Palma d’Oro conquistata a Cannes nel 2013 con La vita di Adele.

Kechiche

Tornando alla Schivata, diciamo che è proprio il film su cui voglio concentrarmi, per un semplice fatto: è la storia di un gruppo di ragazzi che frequenta la scuola superiore in uno dei quartieri cui facevo cenno prima (anche se non viene specificato, siamo a Saint-Denis, alle porte di Parigi). Una giovane e determinata insegnante di lettere dedica molte ore di lezione alla preparazione di uno spettacolo teatrale, cui gli studenti si dedicano con un atteggiamento oscillante tra il coinvolgimento sentito e il beffardo distacco. Del tutto disinteressato appare Krimo, un ragazzo di origine maghrebina con una famiglia piuttosto problematica, cui però capita qualcosa di assolutamente imprevedibile: si innamora di Lydia, bionda, francese, molto graziosa, la classica ragazzina un po’ snob abituata ad essere al centro dell’attenzione. Infatti è la protagonista della piéce in preparazione, e per lei Krimo non solo abbandona la sua ragazza, Magalie, ma arriva ad un atto ancor più “eversivo” rispetto ai suoi schemi mentali: fa di tutto – letteralmente – per farsi assegnare una parte nella recita, per poter stare vicino alla sua nuova fiamma, che lo tiene però in uno stato di continua incertezza, tra il sì e il no. Ne seguono varie vicende, litigi e discussioni tra amici, nonché problemi con la polizia che è abituata a perlustrare la zona con metodi spicci in cerca di spacciatori e altri piccoli criminali. Il finale non sarà lieto per tutti, ma neppure tragico; diciamo piuttosto aperto e, aspetto tutt’altro che secondario, lo spettacolo sarà portato a termine con successo.

1 esquive-2003-01-g

Ma qual è il dramma che questi ragazzi sono chiamati a mettere in scena? Qui è la sorpresa, in questo consiste l’ulteriore provocazione dell’intelligente professoressa: un classico assoluto del teatro francese, qualcosa di apparentemente lontanissimo dall’esperienza quotidiana dei protagonisti: Il gioco dell’amore e del caso, di  Pierre Carlet de Chamblain de Marivaux, risalente al 1730.

Pierre-Carlet-de-Chamblain-de-Marivaux_reference

Nato a Parigi il 4 febbraio del 1688, Marivaux è un ricco borghese che potrebbe vivere di rendita frequentando i più raffinati salotti della capitale, finché non viene coinvolto in un tracollo finanziario che riguarda tutta la nazione, nel momento in cui Filippo d’Orleans, reggente durante la minore età di Luigi XV, si lascia convincere dall’economista scozzese John Law ad adottare la carta moneta, per ovviare alla crisi monetaria e finanziaria della Francia. Dopo un iniziale successo, il sistema di Law rivela le sue contraddizioni interne, e coloro che hanno investito sulle compagnie coloniali, chiamate a sorreggere il debito pubblico, perdono tutto. Tra essi è il nostro Marivaux, che inizia a scrivere per guadagnare. I generi prescelti sono quelli da cui è più lecito sperare introiti in tempi rapidi: il romanzo e la commedia. Si specializza particolarmente nel secondo ambito, rifacendosi a Molière, cui aggiunge però un tocco finemente psicologico, legato soprattutto alle schermaglie amorose che i protagonisti di tali drammi sono soliti intrecciare tra loro. Non manca una componente assai importante nel teatro di ogni tempo: il travestimento. Accade di frequente che i personaggi di Marivaux si assumano altre identità per sondare l’animo della persona amata, creando così complicazioni che però hanno un felice scioglimento. Ecco allora che l’ambientazione del film di Kechiche viene ad apparire non poi così dissonante rispetto al teatro di questo autore così elegante e pensoso; anche Krimo, in un certo qual modo, si traveste da attore per verificare se la bella Lydia può corrispondere il suo sentimento o meno: l’esito non sarà così scontato per il ragazzo maghrebino, ma uscirà comunque arricchito da questa strana esperienza. Marivaux nella banlieu: chi l’avrebbe mai detto? Ma il cinema sa regalarci anche questo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *