Archivio mensile:marzo 2014

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Quella volta che Ayrton tirò le orecchie a Schumi…

È il 5 luglio del 1992: Ayrton Senna è un pilota esperto, che vanta già tre titoli mondiali, l’ultimo nel ’91; Michael Schumacher ha nove anni di meno, e il 1991 per lui è stato l’anno d’esordio, con la Jordan. Ora è passato alla Benetton, e scalpita, è impaziente di mettere in mostra tutto il suo grande talento.

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Cardinali e buffoni nella Ferrara del Rinascimento

È assai nota la battuta pronunciata da Orson Welles – nelle vesti di Harry Lime – in uno dei più memorabili film da lui interpretati, “Il terzo uomo”: “In Italia, sotto i Borgia, per trent’anni hanno avuto guerre, terrore, assassinii, massacri: e hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera, hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e democrazia, e cosa hanno prodotto? Gli orologi a cucù.”. Frase ad effetto, rispetto alla quale non esito a prendere le distanze per quanto riguarda l’atteggiamento irrisorio nei confronti del popolo svizzero, ma che mi torna assai utile oggi, 20 marzo, giorno in cui ricorre l’anniversario della nascita (il 535^, per la precisione) del cardinale Ippolito d’ Este, il famoso (e poco generoso) mecenate di Ludovico Ariosto, che gli dedicò il suo “Orlando Furioso”.

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Guido, Marco, Giuseppe: tre vittime diverse, un unico no alla violenza

Erano tutti e tre dei padri, chi un modo, chi in un altro. Guido Galli e Marco Biagi avevano avuto dei loro figli, oggi adulti e affermati in diversi settori professionali, ma cresciuti con quella ferita dentro che non può non far male ancora. Don Peppino Diana aveva fatto un’altra scelta, ma non per questo si può dire che fosse privo di figli, anzi. Ne aveva tanti, nella sua parrocchia e nelle scuole in cui insegnava. Cercava di trasmettere valori importanti, che andavano ben al di là delle semplici nozioni: il coraggio, la dignità, il rispetto della legalità. Tutto ciò lo diceva e lo scriveva, e per questo fu eliminato dentro la sagrestia della sua stessa chiesa, e non aveva 36 anni.

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Rosso Fiorentino ed una Deposizione che non si dimentica

“Veramente la rossa veste della donna prona alle ginocchia della Santa Madre era come il grido della passione ancor tumida di torbo sangue. Gli sbattimenti interrotti della luce sul mantello giallastro del Discepolo erano come i singhiozzi dell′anima percossa. Gli uomini su gli scalèi erano come presi nella violenza d′un vento fatale. La forza s′agitava nei loro muscoli come un′angoscia. In quel corpo, ch′eglino traevano giù dalla croce, pesava il prezzo del mondo. Invano Giuseppe d′Arimatea aveva comprata la sindone, invano Nicodemo aveva recata la miscela di mirra e d′aloe. Già il vento della Resurrezione soffiava intorno al legno sublime. Ma tutta l′ombra era in basso, tutta l′ombra sepolcrale era sopra una sola carne, era sopra la Madre oscurata, sopra il ventre che aveva portato il frutto di dolore. « La luce m′è sparita» aveva detto ella nell′antico lamento. Fra Maria di Cleopa e Salome, tra le due femmine ignare e caduche, ella era già come un lembo della notte eterna”.

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Danny Ainge, il duro dei Celtics

Si sa quello che si dice sui ragazzi dai capelli rossi e, pur senza arrivare alle atmosfere tristi ed alle situazioni marginali descritte da Verga in “Rosso Malpelo”, esistono nella biografia di Danny Ainge, star della NBA e attuale general manager dei mitici Boston Celtics, gustosi aneddoti su quanto quel ragazzino destinato a diventare famoso avesse, a dir poco, il classico argento vivo addosso.

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Il papa che scherzava col marchese

La sedia gestatoria, sulla quale il pontefice viene portato in processione solenne per le vie di Roma, oscilla pericolosamente. Il marchese del Grillo ha rischiato di inciampare in un gradino e, per giustificarsi nei confronti dell’augusto passeggero che lo ha rimproverato, fa ricorso alla saggezza popolare dei proverbi: “Il mondo è fatto a scale, Santità!”. E il papa, dall’alto: “Stai attento, che ti faccio scendere quelle di Castel Sant’Angelo!”.

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Un vate per il cinema, da Cabiria a Visconti

Nell’eccellente trasposizione cinematografica del “Maestro di Vigevano” di Mastronardi, operata nel 1963 da Elio Petri, D’Annunzio gioca un ruolo non trascurabile; il mite e frustrato Nanini, l’eterno supplente che spera di passare finalmente di ruolo superando il concorso, viene incitato dal suo amico Mombelli (Alberto Sordi) a ripassare il vate pescarese.

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