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Il papa che scherzava col marchese

La sedia gestatoria, sulla quale il pontefice viene portato in processione solenne per le vie di Roma, oscilla pericolosamente. Il marchese del Grillo ha rischiato di inciampare in un gradino e, per giustificarsi nei confronti dell’augusto passeggero che lo ha rimproverato, fa ricorso alla saggezza popolare dei proverbi: “Il mondo è fatto a scale, Santità!”. E il papa, dall’alto: “Stai attento, che ti faccio scendere quelle di Castel Sant’Angelo!”.

E ancora, di fronte agli ufficiali francesi che, in piena notte, nella sala delle udienze del Quirinale, gli intimanono in nome di Napoleone di rinunciare al potere temporale, il Santo Padre risponde con gravità e fermezza: “Non possiamo, non dobbiamo, non vogliamo”.

È stata una delle ultime grandi parti interpretata da Paolo Stoppa, quella di papa Pio VII, argutamente ritratto da Mario Monicelli in uno dei più divertenti affreschi storici realizzati nel cinema italiano. Ed è proprio di questo pontefice che voglio brevemente parlare oggi, dal momento che la sua elezione al ruolo di successore di Pietro avvenne il 14 marzo del 1800. Il conclave, durato diversi mesi, si era svolto a Venezia, perché Roma era occupata dalle truppe napoleoniche. Pio VII si chiamava in realtà Barnaba Niccolò Maria Luigi Chiaramonti, ed era nato nel 1742 a Cesena, come il suo predecessore Pio VI.

Arrivato nell’Urbe solo nel luglio dello stesso anno, papa Chiaramonti cominciò ad occuparsi dei problemi della Chiesa cattolica apostolica romana, tra cui spiccavano le condizioni deficitarie delle finanze vaticane, e i difficili rapporti con la Francia napoleonica. Nel 1804 Pio VII fu costretto a cedere alle crescenti pressioni di Bonaparte che lo voleva presente alla cerimonia di incoronazione imperiale nella cattedrale di Notre-Dame. Il ritorno avvenne un anno dopo, ma nel 1808 le difficoltà del papa con l’uomo più potente d’Europa si acuirono; l’annessione al Regno d’Italia delle province dello stato pontificio iniziò nel febbraio di quell’anno, per essere completata nel 1809. Pio VII rispose con una scomunica nei confronti degli invasori francesi, e si arrivò così a quella drammatica notte del 5 luglio, in cui si verificò l’irruzione nel Quirinale, che nel già citato film viene messa in relazione con la negligenza del marchese del Grillo (figura leggendaria, si ricordi) nella sorveglianza del palazzo stesso. Il pontefice fu portato in Francia, e vi rimase per ben cinque anni; il suo ritorno fu possibile solo in seguito alla sconfitta di Napoleone a Lipsia (1813) e all’abdicazione dell’imperatore dei Francesi, avvenuta il 17 marzo del 1814. Pio VII aveva davanti a sé ancora nove anni di regno, durante i quali cercò di realizzare delle riforme amministrative e si dimostrò particolarmente benevolo verso i sovrani in esilio, e nei confronti della stessa famiglia di Bonaparte. Il suo monumento funebre, di notevole pregio artistico, è l’unica opera di un artista protestante – lo scultore danese Berthel Thorvaldsen – visibile nella basilica di San Pietro.

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