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MANFREDI E L’AVVENTUROSA VITA DI UN EGITTOLOGO

William Blake, protagonista del romanzo di Valerio Massimo Manfredi “Il faraone delle sabbie” (Mondadori, 1998), è un archeologo di Chicago, che si trova in un momento di grave crisi della sua vita. Totalmente assorbito dalla sua passione per l’Antico Egitto, ha trascurato la moglie, che lo ha abbandonato per un collega (il solito finto amico), e si è lanciato nello spregiudicato tentativo di acquistare clandestinamente un rarissimo papiro; ha così compromesso la credibilità dell’istituto per cui lavora, che lo ha punito con il licenziamento.

Quando tutto sembra finito ed il suicidio appare per lui un’opzione tutt’altro che improbabile, viene confortato da un collega di origine orientale, con cui – fino a quel momento – non aveva avuto una vera amicizia. Subito dopo riceve una singolare ed allettante offerta di lavoro: un misterioso imprenditore americano – impegnato in un imprecisato deserto medio-orientale – ha trovato un’antica tomba in cui si trova una mummia, accompagnata da un ricchissimo corredo. Blake sarà pagato profumatamente per esaminare, datare e catalogare il tutto, dopo di che sarà riaccompagnato a Chicago, senza poter mai sapere dove il ritrovamento è avvenuto. Così l’archeologo parte, alla vigilia di Natale, e si ritrova subito in un’atmosfera ambigua ma anche affascinante, sia per i risvolti clamorosi della scoperta, sia per la presenza nell’equipe di una giovane e bella esperta di topografia, con la quale stabilisce un legame molto intenso. In questo romanzo di Manfredi, i riferimenti storici e religiosi ci rimandano ad epoche estremamente antiche (si parte addirittura dai tempi del profeta Geremia e del re assiro Nabucodonosor), nelle quali sono avvenuti fatti decisivi per la storia dell’umanità. Ma, allo stesso tempo, molto spazio è occupato da scenari contemporanei, sui quali si muovono personaggi da spy-story (ma non per questo privi di credibilità), come agenti segreti del Mossad, terroristi jahdisti, ambigui diplomatici occidentali, generali di paesi arabi pronti a tramare colpi di stato.

Anche se con modalità diverse rispetto ad altre sue opere, Manfredi ci consegna un altro racconto piacevole e non privo di motivi di interesse, anche se – in alcuni momenti della lunga parte conclusiva – i toni da narrazione d’avventura sembrano diventare fin troppo accentuati,quando al protagonista e alla sua compagna vengono conferiti tratti degni di un Indiana Jones e di una Lara Croft francamente poco realistici. Una lettura tuttavia consigliabile, in alcuni momenti anche appassionante, che potrà anche indurre i lettori a riflettere sui rischi connessi alle grandi fedi religiose, fondamentali per l’apporto spirituale che hanno storicamente fornito, ma anche gravide di pericoli, se vissute con quello spirito fanatico e con quella presunzione di superiorità che possono generare odî insanabili, come troppo spesso è avvenuto.

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