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FRANCESCO FURINI, TRA LUNE IMPERFETTE E NINFE FATALI

Nel 2008 Firenze ospitò – nelle sale di Palazzo Pitti – una mostra dedicata a Francesco Furini, interessante figura di pittore che nella città dei Medici e dell’Umanesimo era nato, il 10 aprile del 1603.

L’anno dopo alcuni dipinti dello stesso artista trovarono temporaneamente spazio a Palazzo Blu, il raffinato centro espositivo che nel 2009 dedicò a Galileo Galilei ed alle sue prime osservazioni astronomiche (di cui in quell’anno ricorreva il quarto centenario) la mostra “Il cannocchiale e il pennello”. Oltre ad essere stato un interessante testimone della disponibilità al nuovo e del senso di disorientamento derivante dal venir meno di millenarie certezze all’alba della modernità, Furini ebbe conoscenza diretta con il grande scienziato pisano, e per lui avrebbe dipinto una “Assunzione della Vergine” caratterizzata da una raffigurazione assolutamente inusuale del nostro satellite, presentato con le irregolarità ed i crateri scoperti da Galileo e che tanto difficili risultavano da accettare a chi – come il Simplicio del “Dialogo dei massimi sistemi” – era ancorato ad una visione degli astri quali entità levigate e sublimi, del tutto prive di qualsiasi imperfezione terrena. Questo quadro, peraltro, andò perduto, dopo che il Furini lasciò sia Firenze che Roma – dove a lungo aveva soggiornato, familiarizzando con le novità di artisti quali il Caravaggio e il Bernini – per stabilirsi nel Mugello in qualità di parroco, avendo preso i voti. Fu questa una scelta piuttosto sorprendente, soprattutto se si tiene conto del fatto che il tratto distintivo della pittura di Francesco era stato, in precedenza, il compiacimento per una sensualità delicata e carnale, emergente in tante scene mitologiche da lui realizzate (nonché in alcuni componimenti licenziosi che il pittore si cimentò a scrivere). Come immagine esemplificativa, noi di “Punto cultura” proponiamo “Aci e Galatea”, illustrazione di una vicenda patetica, già narrata da Ovidio nelle “Metamorfosi” e poi messa in musica’ nel Settecento, da Georg Friedrich Händel. Il bellissimo giovane – raffigurato in abiti moderni dall’artista fiorentino – fu amato dalla ninfa Galatea, figlia di Nereo e Doride. Avendo suscitato la feroce gelosia di Polifemo, anch’egli attratto dalla seducente creatura, fu brutalmente ucciso dal ciclope, che lo ferì alla testa con un masso. Dal sangue sgorgato gli dei, impietositi, fecero scaturire un fiume, venerato come divino dagli abitanti della Sicilia (tale corso d’acqua, realmente esistito, sarebbe poi scomparso in seguito ad una violentissima eruzione dell’Etna avvenuta nel 1169). Del pericolo rappresentato per gli umani, nel mito, dalla possessione delle ninfe ha parlato Roberto Calasso in un saggio del 2005 (“La follia che viene dalle Ninfe”, edizioni Adelphi, ovviamente). Il quadro di Furini si trova invece alla Alte Pinakothek di Monaco di Baviera.

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