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GLI STATI UNITI D’AMERICA CONTRO MARY SURRATT

Nelle ultime settimane, noi di “Punto cultura” abbiamo avuto spesso modo di dimostrare il nostro interesse per l’America: attraverso il cinema, abbiamo più volte compiuto piccole incursioni nella storia di questo grande paese che, tra Ottocento e Novecento, ha visto più volte incrociarsi nobili ideali e passioni più torbide ed oscure, tali da sfociare molto facilmente nella violenza.

Interi volumi potrebbero essere dedicati alla letteratura, alla musica dell’America, bianca e nera, al country, al blues, al jazz; per non parlare di quei momenti che hanno assunto il valore di snodi decisivi ed epocali, inevitabilmente ricchi di fascino mitopoietico: la corsa al West, la grande depressione ed il New Deal e, forse più drammatico di ogni altro evento, la Guerra di Secessione. Oggi vogliamo brevemente ricordare, sempre attraverso un film, il caso di Mary Surratt, la madre di uno dei presunti complici dell’assassino di Abraham Lincoln, John Wilkes Booth, che era solito incontrarsi con i partecipanti alla congiura per uccidere il presidente proprio nelle pensioni di proprietà della donna, che si trovavano una a Washington, l’altra nel piccolo centro di Clinton, nello stato del Maryland. Nelle indagini scattate immediatamente dopo l’uccisione di Lincoln, emersero delle responsabilità della Surratt, che aveva nascosto nel suo stabile di Clinton armi che poi erano state consegnate a Booth. La donna venne arrestata il 17 aprile del 1865, meno di quarantotto ore dopo l’attentato. Suo figlio, John jr, fece in tempo a varcare il confine tra gli Usa ed il Canada, per poi spostarsi in Europa ed arruolarsi tra gli zuavi di Napoleone III. Indossando la caratteristica uniforme del corpo militare francese, impegnato a difendere quel che rimaneva dei domini temporali di Pio IX, Surratt prestò servizio in Italia, nell’Agro Pontino. Ma la giustizia del suo paese gli dava la caccio anche lontano dal territorio nazionale americano, e nonostante una fuga sull’altra sponda del Mediterraneo il giovane fu infine arrestato ad Alessandria d’Egitto. Giudicato da un tribunale civile, fu prosciolto dalle accuse, all’incirca due anni dopo la morte del celebre presidente antischiavista. Morì nel 1916 a Baltimora. Diversa fu la sorte di sua madre, giudicata in tempi brevi da un tribunale militare e condannata a morte insieme ad altri tre accusati, tutti giustiziati mediante impiccagione il 7 luglio del 1865.

La vicenda di Mary Surratt è divenuta materia di un film nel 2010 per volontà di Robert Redford, attore e regista quanto mai noto al grande pubblico non solo per la sua bravura e per il fascino personale, ma anche per le sue posizioni politiche spiccatamente liberal. Qui la volontà di Redford e dello sceneggiatore James D. Solomon è quella di criticare le autorità politiche e militari del suo paese che si servirono della Surratt per spingere il figlio John a consegnarsi alla giustizia (fatto che – come si è detto – non avvenne). Largo spazio è concesso alla figura dell’ avvocato incaricato di difendere l’imputata, Frederick Aiken (interpretato da James McAvoy), un giovane idealista che rimane gravemente deluso nel constatare che i grandi ideali di giustizia e di libertà che stanno alla base del sogno americano possono essere messi cinicamente in discussione da politici machiavellianamente spregiudicati. La parte della protagonista femminile spetta a Robin Wright, mentre la giovane figlia della condannata è impersonata da Evan Rachel Wood. Ecco il trailer italiano del film, in cui recita anche un altro famoso attore, Kevin Kline, cui spetta – nelle vesti del ministro della guerra Edward G. Stanton – una frase assai significativa: “Inter arma silent leges. In tempi di guerra la legge tace”

 

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