Il-dottor-Stranamore-ovvero-come-imparai-a-non-preoccuparmi-e-ad-amare-la-bomba-con-Peter-Sellers-George-C.-Scott-Sterling-Hayden-di-Stanley-Kubrick-streaming-008

LA GUERRA FREDDA, DA BERNARD BARUCH A DIMITRI

“Let us not be deceived: we are today in the midst of a cold war”. Non dovevano lasciarsi ingannare, gli americani, secondo Bernard Baruch: erano già nel bel mezzo della guerra fredda, nel 1947. Per la precisione era il 16 aprile di quell’anno di poco successivo alla fine della seconda guerra mondiale, quando Baruch – importante uomo d’affari e consigliere dei presidenti Wilson e Roosevelt – pronunciò questa frase nell’ambito di un discorso riportato dal giornalista Herbert Bayard Swope sulle colonne del “New York World”.

Nel corso dello stesso anno fu un altro celebre analista politico, Walter Lippman – anch’egli come Swope vincitore di un premio Pulitzer – a riprendere l’espressione, dandole largo spazio in un suo volume, ed ormai il gioco era fatto: non solo gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica (e di conseguenza l’intero pianeta) erano nel vivo di una tensione politico-militare solo apparentemente sopita, ma potenzialmente assai pericolosa (si pensi alla crisi di Cuba del 1962), ma si sapeva anche come definire questa situazione: guerra fredda, appunto, e tale sarebbe rimasta, nelle cronache, nelle analisi degli storici e – particolare di non poca importanza – nell’immaginario collettivo. Impossibile infatti da parte nostra non pensare alla grande quantità di spy-stories concepite e realizzate sull’argomento da scrittori e registi nella seconda metà del Novecento: si va dalla saga di James Bond ai romanzi di Graham Greene, dalle opere di John Le Carré a film degli anni ’80 come “Top Gun” e “Rocky 4”.L’idea che potesse verificarsi un attacco nucleare da parte dei sovietici venne considerata normale dagli americani: in molti si fecero scavare degli improvvisati rifugi anti-atomici nel giardino di casa, e di questo si ricordò poi più tardi il celebre cantante Donald Fagen, che in una sua bellissima canzone del 1982 (“New Frontier”, dal fortunato album “The Nightfly) immaginò le chiacchere di un ragazzo americano dei primi anni Sessanta che vuole organizzare un party nel rifugio voluto dal padre. E poi c’è lui, Stanley Kubrick, che anche sull’argomento-guerra fredda ha saputo tirare fuori il solito capolavoro. Stiamo parlando ovviamente del “Dottor Stranamore” (in originale “Dr. Strangelove or: How I Learned to Stop Worrying and Love the Bomb”), girato nel 1964 sulla base di un racconto dello scrittore Peter George ed impreziosito da una stupefacente interpretazione di Peter Sellers, che sostiene ben tre parti.

Da questo esempio senza eguali di feroce ed irridente satira contro il militarismo ed il potere politico, noi di “Punto cultura” proponiamo uno dei tanti celebri frammenti, quello della telefonata del presidente americano Muffley (interpretato appunto dall’immenso attore inglese) al suo omologo russo. Vi invitiamo ad apprezzare il tono surreale della conversazione, nel corso della quale il politico a stelle e strisce cerca di informare – con toni assurdamente distensivi e concilianti – il suo collega Dimitri dell’attacco in corso, per poi apprendere che dalla folle iniziativa del generale Ripper scaturirà l’innesco del temutissimo “Doomsday device”, “l’ordigno fine di mondo” immaginato già da vari scrittori (tra cui il nostro Svevo) a inizio Novecento e divenuto poi proverbiale proprio grazie al film di Kubrick. Ecco il testo della telefonata in italiano. C’è molto da ridere, naturamente, ma ancor più da pensare, oggi come in quel lontano 1964:

“Pronto? … Eh-eh… pro… pronto, Dimitri? Dimitri, non sento molto bene. Ti dispiacerebbe abbassare un po’ il giradischi? Adesso è molto meglio, sì. Eh… Sì, sì, bene. Ti sento alla perfezione, Dimitri. La voce mi arriva chiara e senza il minimo disturbo. Anch’io non sono disturbato, vero? Bene, bene… Allora vuol dire che nè io né te siamo disturbati. Bene. Sì, è una bella cosa che tu stia bene e anch’io. Sono dello stesso parere. È bello stare bene. Senti un po’, Dimitri… Ti ricordi che noi… noi abbiamo sempre parlato di questa possibilità che succedesse qualche inconveniente con la bomba? La bomba, Dimitri. La bomba all’idrogeno. Beh, insomma, è successo questo: uno dei nostri comandanti di base ha… ha… ha… ha avuto come… beh, insomma, gli è girato il boccino. Beh, sai, è diventato un po’… strano, e… Insomma, ha fatto una sciocchezzuola… Ecco, adesso ti dico cosa ha fatto: ha ordinato ai suoi aerei di venirvi a bombardare. Ma lasciami finire, Dimitri! Lasciami finire, Dimitri! Ma cosa credi, che io mi stia divertendo? Tu te l’immagini quello che sto passando io, Dimitri? E se no perché t’avrei telefonato? Per dirti ciao? Certo che mi fa piacere parlarti. Mi fa molto, moltissimo piacere. Non adesso, però, un’altra volta. Adesso t’ho chiamato per dirti che è successo qualcosa di… di veramente terribile. È una telefonata amichevole, sicuro che è amichevole. Senti, se non fosse amichevole non… non te l’avrei fatta proprio. No, i nostri bombardieri non raggiungeranno gli obiettivi prima di un’ora. Sì, ma… io dico sul serio, Dimitri. Ma ne ho già discusso col tuo ambasciatore, non è uno stratagemma, te lo giuro. E adesso ti dico… Noi vogliamo dare al vostro Stato Maggiore tutte le notizie riguardanti i bersagli, le rotte e il sistema di difesa dei nostri bombardieri. E… E… E certo, beh, è naturale. Se non ci riesce di richiamare gli aerei, mi pare… mi pare che sia… beh, ma insomma… vi dobbiamo aiutare ad abbatterli, Dimitri. Ma lo so che sono i nostri. Va bene, ma allora chi dobbiamo chiamare? No, dico, chi è che dobbiamo chiamare? Il popolo? No, scusami, non si è capito molto bene. Il Quartier Generale della difesa aerea del Popolo. Uhm… E dove sta, Dimitri? Ad Omsk? Bene. Sì… Ah, li vuoi avvisare tu? Senti, ce l’avresti il numero di telefono lì? Beh, va bene, lo chiederò all’ufficio informazioni di Omsk. Ah… Eh… Uhm… Dispiace anche a me, Dimitri. Mi dispiace molto. Va bene, dispiace più a te che a me, però dispiace anche a me. A me dispiace quanto a te, Dimitri. Non dire che a te dispiace più che a me, perché io ho il diritto di essere dispiaciuto quanto lo sei tu, né più né meno. Ci dispiace ugualmente, va bene? D’accordo. Sì, è qui con me. Sì, ti vuole parlare. Un momento, te lo passo.
DE SADESKY: […]
MUFFLEY: Che c’è?
DE SADESKY: […]
MUFFLEY: Che è stato? Cosa c’è adesso?
DE SADESKY: Pazzi! Pazzi furiosi!
MUFFLEY: Che è successo?
DE SADESKY: L’ordigno “Fine di Mondo”!
MUFFLEY: L’ordigno… L’ordigno “Fine di Mondo”?”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *