Well it was Robert Ford, that dirty little coward,
I wonder how he feels,
For he ate of Jesse’s bread and he slept in Jesse’s bed,
And he laid poor Jesse in his grave.
Well it was Robert Ford, that dirty little coward,
I wonder how he feels,
For he ate of Jesse’s bread and he slept in Jesse’s bed,
And he laid poor Jesse in his grave.
Il 5 aprile dell’anno 1242 si combatté, al confine tra la Russia e l’Estonia, una battaglia destinata a diventare assai famosa: quella detta del Lago dei Ciuidi, tra un contingente di cavalieri dell’Ordine dei Portaspada affiancati da quelli dell’Ordine Teutonico, e uno schieramento di soldati, contadini e pescatori russi armati alla bisogna sotto la guida di Alexandr Nevskij: in gioco c’è la libertà politica e religiosa della Russia, minacciata dagli ex crociati che vogliono sradicare la fede ortodossa dai territori ad est del Baltico.
Oggi vi proponiamo un’altra incursione nei territori della canzone popolare americana, e se un paio di giorni fa – con Eric Clapton, che in realtà è inglese – abbiamo attinto alla tradizione del blues del Delta, oggi ci rivolgiamo invece al versante country, la musica dei bianchi per eccellenza.
La Pasqua dell’anno 1934 cadde il 1º aprile, ma quello che accadde a Grapevine, nel Texas non ebbe nulla a che vedere né con il clima scherzoso del primo giorno di questo bel mese primaverile, né tanto meno con l’atmosfera di gioiosa riconciliazione tra Dio e l’umanità che dovrebbe caratterizzare la più importante domenica del calendario liturgico cristiano. In quella cittadina non lontana da Dallas.
La data del 4 aprile ci offre la possibilità di spaziare, sia pur brevemente, tra diversi aspetti della storia dei continenti extraeuropei nella seconda metà del Novecento, in quell’epoca difficile eppure ricca di speranze che vide il tramonto pressoché definitivo del colonialismo occidentale.
È assai nota la battuta pronunciata da Orson Welles – nelle vesti di Harry Lime – in uno dei più memorabili film da lui interpretati, “Il terzo uomo”: “In Italia, sotto i Borgia, per trent’anni hanno avuto guerre, terrore, assassinii, massacri: e hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera, hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e democrazia, e cosa hanno prodotto? Gli orologi a cucù.”. Frase ad effetto, rispetto alla quale non esito a prendere le distanze per quanto riguarda l’atteggiamento irrisorio nei confronti del popolo svizzero, ma che mi torna assai utile oggi, 20 marzo, giorno in cui ricorre l’anniversario della nascita (il 535^, per la precisione) del cardinale Ippolito d’ Este, il famoso (e poco generoso) mecenate di Ludovico Ariosto, che gli dedicò il suo “Orlando Furioso”.
Erano tutti e tre dei padri, chi un modo, chi in un altro. Guido Galli e Marco Biagi avevano avuto dei loro figli, oggi adulti e affermati in diversi settori professionali, ma cresciuti con quella ferita dentro che non può non far male ancora. Don Peppino Diana aveva fatto un’altra scelta, ma non per questo si può dire che fosse privo di figli, anzi. Ne aveva tanti, nella sua parrocchia e nelle scuole in cui insegnava. Cercava di trasmettere valori importanti, che andavano ben al di là delle semplici nozioni: il coraggio, la dignità, il rispetto della legalità. Tutto ciò lo diceva e lo scriveva, e per questo fu eliminato dentro la sagrestia della sua stessa chiesa, e non aveva 36 anni.
“Veramente la rossa veste della donna prona alle ginocchia della Santa Madre era come il grido della passione ancor tumida di torbo sangue. Gli sbattimenti interrotti della luce sul mantello giallastro del Discepolo erano come i singhiozzi dell′anima percossa. Gli uomini su gli scalèi erano come presi nella violenza d′un vento fatale. La forza s′agitava nei loro muscoli come un′angoscia. In quel corpo, ch′eglino traevano giù dalla croce, pesava il prezzo del mondo. Invano Giuseppe d′Arimatea aveva comprata la sindone, invano Nicodemo aveva recata la miscela di mirra e d′aloe. Già il vento della Resurrezione soffiava intorno al legno sublime. Ma tutta l′ombra era in basso, tutta l′ombra sepolcrale era sopra una sola carne, era sopra la Madre oscurata, sopra il ventre che aveva portato il frutto di dolore. « La luce m′è sparita» aveva detto ella nell′antico lamento. Fra Maria di Cleopa e Salome, tra le due femmine ignare e caduche, ella era già come un lembo della notte eterna”.
Si sa quello che si dice sui ragazzi dai capelli rossi e, pur senza arrivare alle atmosfere tristi ed alle situazioni marginali descritte da Verga in “Rosso Malpelo”, esistono nella biografia di Danny Ainge, star della NBA e attuale general manager dei mitici Boston Celtics, gustosi aneddoti su quanto quel ragazzino destinato a diventare famoso avesse, a dir poco, il classico argento vivo addosso.