Archivio della categoria: Storie di calcio (e non solo)

storie e leggende su personaggi ed eventi più o meno famosi.

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BRASILE 2014: IMPROVVISAZIONE? NO, GRAZIE!

Cala il sipario su Brasile 2014, e viene spontaneo chiedersi che mondiali siano stati questi che si sono conclusi con la vittoria di Joachim Löw e soci: belli o brutti? emozionanti o noiosi? A questi interrogativi ognuno potrà rispondere da un punto di vista soggettivo. Io, da parte mia, penso  che si sia trattato di un torneo che potremmo definire specchio dei nostri tempi, complessi, impietosi e poco inclini a concedere spazio all’estro imprevedibile ed all’improvvisazione.

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tramonto di Mao e mito di Falcao

Come eravamo – 1980, ovvero: dal tramonto di Mao al mito di Falcão

Questo blog – in diversi ormai lo sanno – nasce per un pubblico decisamente giovane, quello degli studenti liceali, anche se ciò non comporta affatto la volontà di escludere lettori più “maturi”, che sono anzi i benvenuti.
In particolare, il presente articolo rientra nell’ideale categoria del “come eravamo”, e vuole rievocare, in primis per gli adolescenti di oggi, uno specifico aspetto della storia del calcio e – perché no? – del costume italiano.
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Alegria do Povo

Futebol, ovvero, tristezza e allegria di un popolo

Proviamo a raccontare la nostra storia come se fosse una favola, come se per credere a questa serie di disavventure persino tragiche, ma compensate dal lieto fine, fossero indispensabili l’ingenuità e l’immaginazione che abbiamo da bambini.

Pensiamo allora a un continente lontano (“quasi alla fine del mondo”, direbbe uno che di quelle terre e delle contraddizioni che vi regnano se ne intende). Un continente popolato da gente di ogni tipo: affaristi di origine occidentale dalla mente invasata e dagli azzurri occhi selvaggi (sul tipo del protagonista del film “Fitzcarraldo” di Werner Herzog); neri portati qui come schiavi dall’Africa, cui qualcuno ha poi donato la libertà senza preoccuparsi molto di dar loro anche una vita degna; emigranti giunti dai paesi più poveri d’Europa (tanti italiani, per esempio, come emerge dal mitico “Dagli Appennini alle Ande” di De Amicis); e infine indios, gli abitatori originari del continente, decimati dalla ferocia e dall’avidità di tutti, costretti a rintanarsi nel cuore delle foreste più intricate ma mai abbastanza irraggiungibili.

In questa parte di mondo i missionari bianchi hanno portato la religione cattolica, con le buone o con le cattive (esemplare in questo senso il film “Mission”). Siccome poi sono posti, questi, dove la vita può essere terribile e forte è il bisogno di sperare in una mano dall’alto, alcune etnie hanno pensato bene di affiancare al Dio e ai santi del cattolicesimo altre divinità, più o meno potenti e benevole (orixas, le chiamano, e ne parla anche Jorge Amado nei suoi romanzi). Ma nelle lande sconfinate di cui stiamo parlando la fede sembra non bastare mai, e allora anche il calcio – altro prodotto importato, in fin dei conti, dall’Europa – può diventare una religione, qualcosa che aiuta a illudersi e a sognare.
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