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Fontana, un artista su cui è bene non sputare sopra

Qualcuno ci ha pure sputato sopra. E non per modo di dire. Concretamente, letteralmente.

Oggi rivedevo un film del 2007, “Live! Acollti record al primo colpo” di Bill Guttentag. È la storia di una produttrice televisiva che mette in piedi un reality show estremo, in cui i concorrenti si sfidano alla roulette russa in diretta. A partecipare allo spettacolo vengono selezionati personaggi molto diversi tra loro, spinti dalle motivazioni più varie, ma nessuno di loro è un aspirante suicida.

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Tutti invece sembrano pervasi da un’intenso desiderio di vivere, o almeno questo è quanto dichiarano, ed è quello che traspare dalle interviste realizzate per presentarli al pubblico. Tra i concorrenti, un’ex top model, ancora molto giovane, Abalone, che si è trasformata in una provocatoria artista concettuale, che realizza performances come quella di farsi rinchiudere in una gabbia, allo zoo, per essere osservata dai visitatori come un animale raro e prezioso. Quando si diffonde la notizia dell’incredibile reality, non si lascia sfuggire l’opportunità di parteciparvi. Perché per lei anche puntarsi una Magnum 357 alla tempia davanti alle telecamere può diventare arte, nella sua forma più rivoluzionaria. Perché, sostiene la bizzarra star, fino a quel momento gli artisti non hanno mai rischiato più di tanto in prima persona; lei giocherà con la sua vita, gli altri al massimo si sono esposti al pericolo di essere insultati.

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E qui torniamo allo spu(n)to iniziale. Perché a subire questa grossolana forma di dileggio fisiologico è stato proprio un artista, o meglio un suo quadro, dal titolo: “Concetto spaziale – Attese”. Stiamo parlando, naturalmente, di Lucio Fontana, uno dei più discussi pittori del Novecento, di cui oggi ricorre il 115^ anniversario della nascita. Era il marzo del 2009, quando il personale della Galleria nazionale d’arte moderna di Roma si accorse del misfatto, da un’inequivocabile macchia opaca sul vetro quanto mai trasparente che – fortunatamente – protegge la tela. Nessun danno, quindi. Ma resta la perplessità per il gesto. Il sistema d’allarme entra in funzione se si supera la distanza di sicurezza, che è posta a 45 cm dall’opera. Chi ha sputato lo ha fatto da non meno di mezzo metro. Ci vuole forza, decisione. Rabbia. Qualcuno che riteneva Fontana un provocatore, e che ha considerato il suo lavoro la vera offesa all’arte.

Galleria Nazionale Arte Moderna di Roma

Maria Vittoria Marini Clarelli, sovrintendente della Galleria, propose – come risposta al singolare episodio – una mostra dedicata proprio al concetto di taglio nell’arte del XX secolo. Intorno a Fontana, Klimt e altri artisti anticonformisti e difficili da capire, come Burri, Manzoni e Muchetti. Un anno prima, tra 2008 e 2009 si era già avuta un’importante esposizione delle opere dell’artista italo-argentino (era nato a Rosario, il 19 febbraio 1899) presso il Palazzo Ducale di Genova. In tale occasione, il curatore Sergio Casoli spiegò, tra le altre cose, la totale falsità del luogo comune cui si è soliti far ricorso di fronte all’arte contemporanea, e a quella di Fontana in particolare. “Saprei farlo anch’io”. Secondo Casoli, gallerista ed artista egli stesso, quei tagli sulla tela, così celebri e discussi, richiedono una perizia tecnica del tutto particolare, e se a provare lo stesso gesto fosse uno qualunque di noi, il risultato non sarebbe affatto lo stesso. A parte questo, potrei citare Philippe Daverio, che ha inserito Fontana tra gli artisti capaci di realizzare quelle che lui definisce “bombe visive”, opere rivoluzionarie che creano un effetto dirompente ed immediato. Come Caravaggio, come Canova, come De Chirico, come l’anonimo scultore del Laocoonte.

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Nessuna altra forma d’arte possiede questa forza subitanea – continua il famoso conduttore della trasmissione “Passepartout”: non la letteratura, non la musica, le cui manifestazioni più innovative richiedono tempo prima di diventare oggetto di emulazione. Mentre Caravaggio costringe subito i suoi contemporanei ad essere caravaggeschi, e il Michelangelo che assiste nel 1506 agli scavi nei pressi della Domus Aurea nel corso dei quali il Laocoonte fu rinvenuto, ne rimase immediatamente influenzato nel profondo.

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E lo stesso vale per Fontana nel rapporto con i suoi contemporanei. Ma bisogna anche pensare che l’artista, quando pubblicò il manifesto del movimento spazialista, di cui fu caposcuola, e che contiene frasi rivoluzionarie come “Bisogna esorcizzare l’illusione superficiale dell’immagine sulla tela, conquistare lo spazio oltre la materia”, era già avviato verso la cinquantina; le sue opere più famose risalgono poi ad una decina di anni più tardi.

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Nessuno pretende che l’artista giochi alla roulette russa o che si faccia sparare addosso dai suoi detrattori, come sembra volere il personaggio del film che citavo prima. Ma certo Fontana di coraggio ne ha avuto. Si può benissimo non apprezzare le sue opere, e nessuno sostiene che sia facile capirle; probabilmente neanche i critici più avveduti riescono a farlo fino in fondo. Ma magari ci si potrebbe provare. E a parte questo, rispettarne le opere, sue come di qualunque altro pittore, resta un dovere. Quello sì, sempre.

Un pensiero su “Fontana, un artista su cui è bene non sputare sopra

  1. Katia Brigiari

    Le ricerche di Lucio Fontana sono state pressoché contemporanee alle sperimentazioni di Alberto Burri sulla materia ed entrambi gli artisti hanno superato la bidimensionalità del quadro. Il primo “Gobbo” del pittore tifernate risalente al 1950 è stato creato con un rametto d’albero inserito dietro la tela, la quale risulta proiettata verso l’esterno.
    Il noto critico d’arte Achille Bonito Oliva nella trasmissione televisiva “Fuori quadro” del 23 febbraio 2014 ha messo in relazione i gesti di Lucio Fontana con le più recenti installazioni che vanno oltre la frontalità dell’opera d’arte. Una delle più interessanti, aperta fino all’autunno 2014, è “In ORBIT” realizzata da Tomás Saraceno. L’artista-architetto argentino ha collocato delle reti di acciaio e grandissime sfere in PVC – sia trasparenti, sia riflettenti – sopra l’atrio del Ständehaus K21 di Düsseldorf; i visitatori possono entrare all’interno delle “bolle” e camminare, rotolarsi, stare sulla struttura metallica, ad una quota di circa 25 metri da terra sotto la copertura in vetro dell’edificio, in un continuo scambio interattivo tra interno ed esterno, superficie-spazio, materia e percezione, forse come accade anche, se pur in modo diverso, quando ci si avvicina alle opere di Burri e Fontana.

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