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Storie di castelli e di massacri

At the gates and the walls of Montségur / Blood on the stones of the citadel  / As we kill them all so god will know his own /  The innocents died for the pope on his throne / Catholic greed and its paranoid zeal /Curse of the grail and the blood of the cross

(Davanti ai cancelli e alle mura di Montségur / C’è sangue sulle pietre della cittadella / Mentre li uccidiamo Dio lo saprà / Gli innocenti sono morti per il papa sul suo trono / Per la sua avidità cattolica e il suo zelo paranoico / Per la maledizione del Graal e il sangue della croce)

Purificazione. Si ottiene attraverso il fuoco. Lo dice l’etimologia stessa della parola, dal greco. E così, all’alba del 16 marzo del 1244, nel vasto spiazzo del castello di Montségur, appena conquistato da mercenari baschi dopo più di un anno di assedio, più di duecento dei catari che avevano eletto lì la loro roccaforte, furono bruciati vivi, dopo aver rifiutato di abiurare la loro fede, contro cui la gerarchia ecclesiastica aveva condotto una lotta sempre più dura perlomeno dalla fine del 1100. Ci aveva provato, più o meno con le buone, ad estirpare la mala pianta dell’eresia, Domenico di Guzmán (come ricorda Dante nel XII canto del Paradiso), e non ci era riuscito. Allora si passò ai massacri, tra cui spicca quello di Béziers del 1209, quello nel quale il legato pontificio Arnaud Amaury, di fronte alla difficoltà di distinguere tra eretici e “innocenti”, diede il famoso ordine: “Uccideteli tutti. Dio distinguerà i suoi”. Ma la resistenza catara continuò anche dopo questa crociata, detta “degli Albigesi”, e così fu la volta del castello citato in apertura (con i versi di una canzone degli Iron Maiden dedicata all’evento). Montségur, (nel sud-ovest della Francia), è ancor oggi meta (insieme ad altre località, sempre site nella Linguadoca-Rossiglione, come la famosa Rennes-le-Château) di un intenso turismo alimentato dalla curiosità storica e dal fascino dell’esoterismo. A questi luoghi sono infatti legate leggende relative e a un fantomatico tesoro dei catari, di cui hanno parlato vari romanzi, in tempi più o meno recenti. In particolare, tornando a Montségur, lo troviamo citato nel libro di Adriana Koulias “Il segreto della sesta chiave”, in cui viene ripresa la diceria secondo cui un ridottissimo numero di “perfetti” – così si ritenevano i catari – sia riuscito ad allontanarsi, con qualcosa di prezioso – dalla rocca prossima alla capitolazione.

Voglio chiudere questa breve rassegna con la citazione di un altro scrittore, italiano questa volta, che mi ha fornito alcune delle mie letture preferite negli ultimi anni. Sto parlando, naturalmente, di Valerio Evangelisti e del suo ciclo di racconti dedicati alla figura dell’inquisitore Nicolas Eymerich. Questi, un domenicano della Catalogna ispirato ad una omonima figura realmente esistita, combatte nella seconda metà del Trecento, in quanto inquisitore generale del regno d’Aragona, le sopravvivenze dell’eresia catara, e qualunque altra manifestazione contraria all’ortodossia cristiana. I suoi metodi sono spietati, la sua fede è fanatica, la sua intelligenza assolutamente fuori del comune. La particolarità di questi romanzi risiede nel fatto che molti fenomeni, attribuiti da Eymerich all’influsso del demonio, sarebbero in realtà spiegabili con la teoria scientifica elaborata da un  bizzarro studioso nostro contemporaneo, Marcus Frullifer, scopritore di una particella subatomica detta “psitrone”, capace di far viaggiare proiezioni mentali di ogni tipo in un “continuum spazio-temporale” che investe qualunque epoca, passata o futura. Dunque, nei romanzi di Evangelisti, non incontriamo mai un’unica vicenda, ma vediamo invece intrecciarsi più storie, che possono portarci a spasso nel tempo, come si suol dire. La lettura è affascinante e godibile, ma a libro chiuso c’è da ringraziare Dio per non averci fatto nascere in tempi di Inquisizione, perché gli psitroni sono una fantasia letteraria, ma i massacri compiuti nel nome di qualsiasi fede o dottrina politica restano una triste realtà.

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