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Zugarelli e i moschettieri della Coppa Davis

Compie oggi 64 anni Tonino Zugarelli, discreto tennista italiano degli anni ’70. Si ritrovò al 27^ posto nel ranking mondiale nel 1977; poche settimane prima aveva infatti raggiunto la finale degli Internazionali d’Italia, nella quale era stato sconfitto in 4 set dallo statunitense di origine lituana Vitas Gerulaitis, all’epoca uno dei giocatori più prestigiosi del circuito ATP.

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Da ricordare anche la sua vittoria agli Open di Bastad, in Svezia, nel 1976; in quest’occasione sconfisse in finale il connazionale Corrado Barazzutti. Ma non si può fare il nome di Zugarelli senza parlare, sia pur brevemente, di Coppa Davis e del mitico quartetto azzurro di cui il giocatore romano fece parte, sia pure nelle vesti di “comprimario di lusso”. I singolaristi erano infatti Adriano Panatta e il già citato Barazzutti, mentre gli incontri di doppio erano affidati al duo Panatta-Bertolucci. A far da capitano non giocatore c’era Nicola Pietrangeli, il miglior tennista italiano di sempre, con i suoi doppi successi al Roland Garros (1959 e 1960) e al Foro Italico (1957 e 1961).

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Né si può tacere dell’inestimabile contributo tecnico e umano offerto da Mario Belardinelli, per anni responsabile del centro federale di Formia. A questo eccezionale gruppo si deve l’unico successo italiano nella competizione internazionale. Era il 1976, e gli azzurri erano arrivati in finale anche grazie al contributo di Zugarelli, che aveva battuto Roger Taylor in un’importante partita contro l’Inghilterra sull’erba di Wimbledon. Si trattava però di andare a giocare l’ultimo match in Cile, il paese andino dove da pochi anni si era imposta una feroce dittatura. Molti, in Italia, propendevano per un boicottaggio dell’incontro da parte dei nostri tennisti, come avevano già fatto i sovietici, che avevano così lasciato ai sudamericani libero accesso alla finale. Si trattava, in sostanza, di una questione politica, con il governo di Giulio  Andreotti incerto sul da farsi, il P.C. I. sfavorevole alla disputa del match e la sinistra extra-parlamentare scatenata in plateali proteste (fu occupata la sede della Federtennis al grido di “Non si giocano volée con il boia Pinochet”). Alla fine, come ha raccontato nel 2009 Adriano Panatta a Mimmo Calopresti che ha rievocato queste vicende nel documentario La maglietta rossa), decisivo risultò il ruolo di Enrico Berlinguer, che diede l’assenso da parte del maggior partito della sinistra. Anche Andreotti e i dirigenti federali allora espressero il loro parere favorevole, e così i giocatori italiani partirono per Santiago, dove ebbero facilmente ragione dei modesti avversari. Per l’incontro decisivo, quello del doppio, Panatta, circondato dalla fama di ragazzo viziato e amante della bella vita, ma in realtà politicamente schierato a sinistra e ferito dagli slogan urlati dai contestatori anche contro di lui (“Panatta milionario, Pinochet sanguinario”), si inventò una provocazione piuttosto sfacciata nei confronti della giunta militare cilena, scendendo in campo con una polo color rosso fiammante, imposta anche al riluttante Bertolucci.

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Gli azzurri arrivarono poi in finale di Coppa Davis altre tre volte, nel 1977, nel 1979 e nel 1980. Obbligati a giocare fuori casa in tutte e tre le occasioni, furono sempre sconfitti, contro avversari prestigiosi: l’Australia, gli Stati Uniti di McEnroe e Gerulaitis, la Cecoslovacchia di Ivan Lendl. Nell’ultimo confronto Zugarelli non faceva più parte del quartetto azzurro, sostituito da Gianni Ocleppo, ma va detto che un anno prima si era di nuovo distinto contro gli inglesi, vincendo l’incontro di doppio in cui aveva dato vita ad un’inedita coppia con il friulano Barazzutti.

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