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DEMOCRAZIE LIBERALI E SOCIALISMO REALE

Rileggo un articolo di Piero Ostellino pubblicato sul “Corriere della Sera” del 29 novembre 2011. In tempi di poco successivi alla caduta del governo di Silvio Berlusconi e alla conseguente nomina di Mario Monti alla Presidenza del Consiglio, il noto giornalista analizza la situazione, partendo dalla definizione del ruolo dei tecnici in una democrazia liberale, che di fatto viene identificata con gli Stati Uniti d’America.

Qui, un buon presidente è considerato colui che sa circondarsi di buoni consiglieri che gli sottopongono un ventaglio di provvedimenti (con particolare riferimento ad una politica interna di carattere economico-sociale). Nell’abito di tali proposte, il leader sceglie, guardando – come obiettivo ultimo – alla generalità degli interessi del paese. Abbiamo dunque una collaborazione tra conoscenze tecniche e capacità di decisione, con una decisa valorizzazione del ruolo della politica. Ostellino si sofferma poi sul concetto di democrazia liberale, che sarebbe quella in cui nessuno pretende di detenere una verità assoluta, che si identifichi con un’ideologia. Ci si affida piuttosto al concetto di mercato, che viene definito come “la libertà dei cittadini, produttori e consumatori di ricchezza, di perseguire autonomamente i propri interessi. In cittadini (ovvero il mercato) creano inconsapevolmente il bene comune, e i politici – tenendo conto di tali indicazioni – potranno agire in maniera senz’altro perfettibile, ma senza comunque compiere errori irrimediabili (o almeno, riducendo di molto tale possibilità). Detto ciò, si osserva che la situazione italiana della fine del 2011 ribalta tale ordine procedurale. I tecnici non solo propongono, ma decidono, lasciando alla politica un ruolo subalterno. Due, a questo punto, i problemi da evidenziare: 1) si presuppone che gli esperti, in base a una Ragione esclusivamente tecnica, conoscano al meglio ciò che è il bene comune e siano in grado di operare sempre la scelta più giusta. Se così fosse, verrebbe meno la necessità di ogni consultazione elettorale. 2) Tornando al discorso sulle democrazie liberali, Ostellino sembra orientato a inquadrarle come il regime politico in cui le decisioni prese possono anche rivelarsi degli errori, ma non irreparabili. Semmai dei mali minori; e come è possibile ciò? Attraverso il processo politico, che è dato dalla procedura parlamentare (la conta dei favorevoli e dei contrari a determinate proposte), e dalla volonta dei cittadini (il già citato mercato). Ora, quali sono i provvedimenti imminenti del governo tecnico di Mario Monti? 1) Reintroduzione (con maggiorazione) della tassa di possesso sulla prima casa. 2) Stop della perequazione delle pensioni al costo della vita. 3) Aumento dell’Iva (l’imposta sul valore aggiunto). 4) Tassazione sui patrimoni superiori al milione di euro. Si tratta di misure riguardanti il versante dei “sacrifici”, mentre quello della “crescita” non appare affatto preso in considerazione. Ciò avviene in un contesto in cui il Parlamento rinuncia ad esercitare la sua funzione, cioè in un’interruzione del processo tipico delle democrazie liberali. Le misure sopra elencate (tutte miranti ad attingere alle risorse private dei cittadini italiani) avranno effetti negativi su due istituti dell’economia nazionale: 1) i consumi interni; 2) la capacità di risparmio delle famiglie. Scendiamo ancor più nel dettaglio dell’analisi delle considerazioni dell’editorialista del “Corriere”: la contrazione dei consumi provocherebbe un aggravamento della recessione con una conseguente riduzione del gettito fiscale. In altre parole, meno profitti, meno consumi, meno introiti statali, con l’impossibilità di un saldo attivo e di un equilibrio di bilancio da parte dello Stato. Dall’altra parte, la riduzione dei risparmi delle famiglie (che finora hanno contribuito non poco alla stabilità economica del paese) contribuirà al venir meno di un forte sostegno alla spesa e al debito pubblico. Un’ulteriore stretta fiscale come risposta servirebbe solo ad acuire i problemi, in un evidente circolo vizioso. La situazione è tale per cui la classe politica è già sul punto di esprimere pareri negativi, che verranno però criminalizzati con l’accusa secondo la quale la “casta” mira solo al conseguimento di un demagogico consenso in vista di una possibile consultazione elettorale. Ostellino conclude poi con questa frase, su cui riteniamo ci sia da meditare (come per le parole dedicate al concetto di democrazia liberale): “Si inneggia all’austerità e ai sacrifici, che sono poi il socialismo reale con un altro nome”.

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